Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

Fino al 6 novembre è in scena nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo Una verde vena di follia di Alessio Arena, nella messa in scena diretta da Emanuela Giordano e interpretata da Mascia Musy e Chiara Muscato.

L’adattamento, le scene, i costumi e le luci sono della stessa Giordano, mentre Tommaso Di Giulio e Leonardo Ceccarelli sono gli autori delle musiche originali.

Repliche fino al 6 novembre.

Una verde vena di follia, tratto dal libro La vena verde (IQdB Edizioni) di Alessio Arena è un canto d’amore e di alterità ispirato alle lettere che Maria Antonietta Portulano, moglie di Luigi Pirandello, scrisse al figlio Stefano dall’ospedale psichiatrico dove trascorse gli ultimi anni della sua vita.

L’opera è ambientata nell’Italia del ventesimo secolo, dove le donne “eccentriche” o di “eccessivo ed anarchico temperamento” venivano rinchiuse nelle case di cura. La protagonista provoca e cerca conforto nell’infermiera/custode che le sta accanto: sopporta gli sfoghi della donna, i suoi improvvisi sbalzi di umore e i tentativi di fuga.

Nonostante gli scherzi crudeli, gli spaventi, la convivenza forzata, le due donne instaurano una relazione di reciproca comprensione: le loro vite si sovrappongono con accenti di improvvisa ironia, per ritagliarsi quel lembo di felicità che spetta ad ogni essere umano.

L’odiato e amatissimo marito, egli stesso vittima e carnefice della donna, è continuamente evocato, svelato, sognato.

«Mettiamo in scena un destino femminile che ci cammina a fianco – spiega la regista Emanuela Giordano – Siamo tutte figlie o nipoti della protagonista, donna di “inopportuna” fierezza, audace esploratrice di fantasie e verità scomode. Se fosse nata oggi, probabilmente, sarebbe un’artista di strada, una poetessa, Marina Abramovich, Alda Merini o magari una rock star. Avrebbe trasformato la sua “follia” in potenza creatrice. In scena abbiamo disegnato un luogo di espiazione e contenimento, per trovare una via di fuga ci vorrà un atto di coraggio estremo, un salto al di là del reale».

Attraverso le parole della protagonista, la regista immagina «una donna visionaria e contraddittoria, che “grida” la sua necessità di esprimersi e di amare», costretta a scontrarsi contro il muro del silenzio dell’infermiera che si prende cura di lei.

La Storia, quella con la S maiuscola, incombe nella stanza dell’ospedale con notiziari radio di imprese belliche deliranti; la musica, invece, ballata, cantata ed infine immaginata ci regala libertà e poesia e ci conduce verso quella sottile linea verde nella quale cercare salvezza.

Alessio Arena, giovane autore palermitano, che ha già ricevuto diversi premi e riconoscimenti per il suo impegno letterario e poetico, narra di «un amore mancato, sofferto, fragile, combattuto», una storia nata dall’immaginazione ma anche dalla concreta esperienza di vita di tante donne rinchiuse nelle case di cura e di custodia nel Novecento. La protagonista riconosce le forti emozioni contraddittorie che animano il suo mondo interiore e si ribella a un contesto sociale che la priva della sua indipendenza e dignità. «Attraverso la voce di questa donna senza nome – spiega l’autore – ho voluto rappresentare la disperazione dei diversi di ogni genere, epoca e luogo, che da sempre sono relegati ai margini delle società».