La pistola che ha ucciso il giudice Mario Amato risulta “coincidente” con la calibro 38 che era stata utilizzata sei mesi prima per eliminare Piersanti Mattarella, uno dei primi omicidi per il quale l’interesse di Cosa Nostra era condiviso con altri, forze eversive interne o esterne al nostro ordinamento o addirittura paese. Forse è la stessa arma che uccise anche Michele Reina
Via Libertà, la strada-salotto liberty della città. L’amministrazione di Lima e Ciancimino aveva già semidistrutto ville giardini per costruire i nuovi palazzi in vetro e cemento. Il 1979 era stato un anno funesto, almeno per la città di Palermo. Mario Francese, Michele Reina, Boris Giuliano, Cesare Terranova. Le loro morti avevano scosso tutta la città e, nel caso di Reina, anche i salotti democristiani dell’isola. Piersanti Mattarella era stato eletto Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana il 9 febbraio 1978. La sua presidenza si fa subito notare per il forte impatto sociale delle sue scelte politiche, per il ben sapere che i giochi di potere in essere prima della sua elezione sarebbero durati ancora per anni e, sottilmente, cominciò a erodere la loro stabilità. Passo dopo passo. Le sue apparizioni non lasciavano dubbi sul suo pensiero e sul suo operato, come nel famoso discorso per la campagna elettorale che tenne a Cinisi poco dopo l’assassinio di Peppino Impastato e nel quale fece una lunga invettiva contro Cosa Nostra.
Ma torniamo a via Libertà. È il 6 gennaio 1980, il giorno dell’Epifania. Il Presidente Mattarella è appena entrato nella propria auto, una Fiat 132. Con lui ci sono la moglie Irma e i loro due figli, Bernardo e Maria. Con loro c’è anche la madre di Piersanti, Maria Buccellato. Siamo, più o meno, all’altezza del civico 135. Un uomo si avvicina all’auto. Ha in mano una P38 munita di silenziatore. Esplode otto colpi di pistola verso il Presidente poi scappa. Tutto succede sotto lo sguardo atterrito di Irma, Bernardo, Maria e della nonna Maria. Tra i primi accorsi sul luogo dell’omicidio c’è il fratello Sergio, oggi attuale Presidente della Repubblica. Finisce così l’epoca di rinnovamento proposta da Piersanti Mattarella.
Le vicissitudini processuali relative al suo omicidio sono durate anni. Le ipotesi iniziali su cui si mossero le indagini, si devono alla corposa requisitoria denominata “delitti politici” che porta la firma del procuratore aggiunto che seguiva le indagini, il dottor Giovanni Falcone. All’interno dell’indagine, gli omicidi di Michel Reina, Piersanti Mattarella, Pio La Torre e del suo collaboratore Rosario Di Salvo. L’ipotesi puntava verso il coinvolgimento del terrorismo di estrema destra, nello specifico dei NAR, particolarmente attivi in Italia in quegli anni e che, avevano dimostrato negli anni precedenti, che ben volentieri si concedevano come mercenari per la soluzione di “affari di Stato” o “affari di partito”. Dopo la strage di Capaci, il lavoro del dottor Falcone fu accantonato e prese corpo una pista esclusivamente mafiosa che portò dritto ai corleonesi di Totò Riina. Condanne all’ergastolo come mandanti per Riina, Greco, Brusca, Provenzano, Calò, Madonia e Geraci. Durante il processo, la vedova di Mattarella riconobbe, come secutore materiale Valerio “Giusva” Fioravanti, noto estremista di destra. Ma la sua testimonianza non fu ritenuta esaustiva e Fioravanti fu assolto. Alcuni collaboratori di giustizia hanno fornito il nome degli esecutori materiali, altri hanno indicato come fatto impossibile che Cosa Nostra abbia utilizzato killers esterni all’organizzazione, ma la Procura di Palermo ha deciso di riaprire le indagini. La famiglia, oltre diciotto mesi fa, aveva sollecitato nuove verifiche. Ora, durante l’analisi dei reperti del processo, ci si è resi conto che una delle targhe usate per la fuga era stata ricreata utilizzando per metà un’altra targa, ritrovata in un covo dei NAR. Si chiude di nuovo un anello. L’identikit in bianco e nero pubblicata dai quotidiani nei giorni successivi all’omicidio ricordava molto Valerio Fioravanti. La signora Irma lo ricordava bene. Quello di Piersanti Mattarella è uno dei primi omicidi per il quale l’interesse di Cosa Nostra era condiviso con altri, forze eversive interne o esterne al nostro ordinamento o addirittura paese.
E’ di qualche settimana fa la notizia che la pista dell’omicidio di Piersanti Mattarella e quello del giudice Mario Amato, ucciso il 23 giugno 1980 dai NAR, si sono incrociate. La connessione fra i due delitti sta nella Colt modello Cobra calibro 38 special. La prima e significativa svolta nelle nuove indagini emerge da una perizia sulle armi: la pistola che ha ucciso il magistrato risulta “coincidente” con la calibro 38 che era stata utilizzata sei mesi prima per eliminare Piersanti Mattarella. Negli ultimi mesi i carabinieri del Ros hanno fatto un importante lavoro di ricostruzione di tutti i delitti dei Nar e delle relative armi utilizzate. E hanno esaminato, fra tanti vecchi reperti recuperati in vari tribunali, anche la Colt calibro 38 che fu indicata per la prima volta nel 1982 dal collaboratore di giustizia Walter Sordi come l’arma usata da Cavallini per l’omicidio Amato. Gli esperti hanno comparato i proiettili con quelli estratti dal corpo di Mattarella. Purtroppo erano ormai ossidati e non è stato possibile eseguire una comparazione perfetta. È emerso, però, un particolare: quando viene esploso un colpo sul proiettile restano delle zigrinature. Ed ecco il dato che è saltato agli occhi: il solco sui proiettili di entrambi i delitti è destrorso. Di solito questo tipo di pistola, al contrario, lascia un segnale sinistrorso. Sull’assassinio di Mattarella, per il quale la Procura segue la pista mafiosa, torna ad allungarsi ancora una volta l’ombra del terrorismo nero. Un’ombra che resterà tale, almeno dall’analisi della pistola perché “esiste la probabilità che l’arma usata sia la stessa. La certezza assoluta, però, non esiste.”. Su Repubblica di qualche giorno fa è anche uscita la notizia che i magistrati hanno riaperto anche il fascicolo di un altro mistero palermitano, quello che ancora avvolge la morte di Michele Reina, il segretario provinciale della Democrazia Cristiana assassinato dieci mesi prima del suo collega di partito, presidente della Regione. 26 marzo 1979, 6 gennaio 1980. Fu utilizzata un’arma dello stesso calibro, una “38”, ed entrambi i killer sono rimasti sconosciuti.
Piersanti Mattarella era nato a Castellamare del Golfo, il 24 maggio 1935. Entrò in politica giovanissimo e militò, da subito, nella Democrazia Cristiana. Divenne Consigliere Comunale a Palermo nei primi anni ’60. Nel 1967 venne eletto come deputato all’Assemblea Regionale Siciliana. Negli anni successivi ricoprì la carica di Assessore Regionale alla Presidenza. Fu eletto Presidente dell’ARS il 9 febbraio 1978 carica che ricoprirà sino al suo assassinio, il 6 gennaio 1980.
Roberto Greco per referencepost.it