Furono rinviate a giudizio 18 persone, tra queste l’onorevole Giorgio Almirante, l’avvocato Eno Pascoli e diversi ufficiali dell’Arma dei Carabinieri
È la sera del 31 maggio 1972. Domenico La Malfa è di turno al centralino della stazione dei Carabinieri di Gorizia. Alle 22:35 squilla il telefono. Una telefonata anonima, fatta da un uomo che parla con una forte inflessione del dialetto locale, informa di aver visto, sulla strada che porta da Poggio Terza Armata a Savogna, una Fiat 500 ferma e con due buchi sul parabrezza. La prima pattuglia che arriva sul posto è quella dei Carabinieri della stazione di Gradisca. L’appuntato Mango e il carabiniere Dongiovanni arrivano sul posto alle 22:45 e vedono la Fiat 500 ferma, in un viottolo di terra battuta, all’altezza del chilometro 5, in località Peteano, e cha ha, effettivamente, due fori nel parabrezza. Mango avvisa il suo superiore, il tenente Tagliani che si reca immediatamente sul posto accompagnato dal brigadiere Antonio Ferraro e dal carabiniere Donato Poveromo. Cagliari raggiunge l’appuntato Mango alle 23:05 mentre, da Gorizia, è in arrivo un’ulteriore pattuglia. Ferraro, Poveromo e Dongiovanni si avvicinano all’auto e tentano di aprire il cofano. La Fiat 500 esplode e li uccide, mentre rimangono feriti Mango e Tagliani.
Le indagini, che inizialmente per volontà del colonnello Dino Mingarelli, già braccio destro del generale Giovanni de Lorenzo, seguono la flebile pista che porta verso gli ambienti di Lotta Continua, hanno una svolta quando la magistratura milanese segnala una serie di informazioni rilasciate da Giovanni Ventura, in carcere per la strage di piazza Fontana. La strage viene attribuita da Ventura, ad una formazione neofascista. Le indagini di Mingarelli portano sul banco degli imputati sei persone riferibili all’area della sinistra extra-parlamentare. Durante il procedimento, che vide gli imputati assolti, fu denunciato Mingarelli per false accuse e per depistaggio. L’istruttoria dell’indagine si rivolse agli ambienti neofascisti. Furono rinviate a giudizio 18 persone, tra queste l’onorevole Almirante, l’avvocato Eno Pascoli e diversi ufficiali dell’Arma dei Carabinieri. Vincenzo Vinciguerra e Carlo Cicuttini, neofascisti appartenenti a “Ordine Nuovo”, furono condannati all’ergastolo come esecutori materiali della strage. Diversi militanti neofascisti e un nutrito numero di ufficiali dei Carabinieri furono condannati a pene tra i 3 e gli 11 anni. Gli atti relativi alla strage di Peteano hanno subito la declassificazione sulla base della direttiva del 22 aprile 2014 e, pertanto, non sono più coperti da “segreto di Stato”.
Il 31 maggio 1972 Antonio Ferraro, di anni 31, Donato Poveromo, di anni 33 e Franco Dongiovanni, di anni 23, trovarono la morte in un vile agguato organizzato da appartenenti a “Ordine Nuovo”, organizzazione neofascista.
Roberto Greco per referencepost.it