Raffaele Moscato accusa Nazzareno Fiorillo, detto “U Tartaru”, di aver cercato un accordo con il clan Patania e delinea il legame con i più potenti clan calabresi e piemontesi
Battesimi di sangue e tradimenti. La nascita del “locale” di ‘ndrangheta di Piscopio viene svelata in quasi tutti i suoi aspetti dal collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato, e le sue dichiarazioni sono destinate a scuotere l’intera struttura mafiosa radicata nella frazione di Vibo Valentia. Non tutto, infatti, sarebbe stato chiaro e “cristallino” nell’organizzazione e dinamiche criminali in continua evoluzione avrebbero portato anche a “tradire” i sodali. “Nazzareno Fiorillo era la figura carismatica dei Piscopisani – spiega Moscato – ed era lo zio di Michele Fiorillo. Si accompagnava a Lele Patania e con i Lo Giudice e, quando si dovette decidere chi fosse il più adatto a rivestire il ruolo di capo locale, fu ritenuto lui il più adeguato. Tuttavia – aggiunge il collaboratore – fu proprio Nazzareno Fiorillo a fare un accordo con i Patania ed a venderci a loro”. Raffaele Moscato accusa quindi Nazzareno Fiorillo, detto “U Tartaru”, di aver cercato un accordo con il clan Patania di Stefanaconi al fine di salvare se stesso dalla guerra di mafia in quel momento in atto fra i Piscopisani e la cosca di Stefanaconi, “vendendosi” chi in quello scontro era impegnato in prima fila: Rosario Battaglia, Rosario Fiorillo e lo stesso Raffaele Moscato. “Nazzareno Fiorillo quando è nato il nuovo locale di Piscopio era già inserito nella criminalità organizzata, era incensurato ma aveva conoscenze ovunque. La regola impone – svela Moscato – che quando si battezza un locale di ‘ndrangheta, i ruoli degli associati siano già previsti. Pertanto quando è stato battezzato il locale di Piscopio, già si sapeva che il capo era Nazzareno Fiorillo”.
Moscato indica quindi ancora meglio i legami con alcune fra le più potenti cosche della ‘ndrangheta reggina. “Ho conosciuto in carcere a Vibo il fratello di Rocco Aquino di Marina di Gioiosa Ionica. Peppe Commisso di Siderno l’ho conosciuto nel 2009 nel suo circolo dove si giocava a carambola ed a texas hodelm. Giuseppe Pelle di San Luca non l’ho invece mai conosciuto di persona. I contatti con Reggio Calabria non sono mai stati interrotti e, in particolare, Rosario Battaglia, Nazzareno Fiorillo, Michele Fiorillo e Giuseppe Galati avevano rapporti con gli Aquino, i Commisso ed i Pelle e si recavano spesso a casa di Giuseppe Pelle a Bovalino e, in Piemonte, da Franco D’Onofrio e Peppe Catalano. Quando abbiamo avuto l’autorizzazione da San Luca ad aprire il locale di Piscopio, i reggini conoscevano la nostra avversità ai Mancuso e, d’altra parte, i Commisso, gli Aquino ed i Pelle non vedevano di buon occhio la famiglia Mancuso. Al matrimonio di Michele Fiorillo è venuto il figlio Sebastiano di Giuseppe Pelle in rappresentanza del padre”. Dopo le operazioni “Crimine” della Dda di Reggio Calabria e “Minotauro” della Dda di Torino, tutti i riferimenti reggini dei Piscopisani vengono arrestati e in carcere finiscono anche il contabile del clan dei Piscopisani, Michele Fiorillo, ed il capo società Giuseppe Galati. Alcuni restavano però liberi in Piemonte, tanto che dopo l’agguato a Vibo Marina nel marzo del 2012 costato la vita a Francesco Scrugli ed il ferimento dello stesso Moscato e di Rosario Battaglia, un tale “Roberto di Torino, per conto di Franco D’Onofrio”, quest’ultimo originario di Mileto (in foto), ma ritenuto un pezzo da novanta della ‘ndrangheta radicata in Piemonte, sarebbe sceso a Piscopio per offrite il proprio aiuto nella guerra contro il clan Patania di Stefanaconi “mettendosi a disposizione anche per portare ai Piscopisani un bazooka”. Sarebbe stato tuttavia Rosario Battaglia a rifiutare tale scelta “perché – conclude Moscato – Rosario Battaglia riteneva di poter risolvere la vicenda autonomamente”.
Fonte: ilvibonese.it