Prosegue tragicamente il bilancio delle morti sul lavoro in Italia. I dati degli ultimi anni sono impietosi: la curva dei decessi rimane costante. Nel 2022 i morti sul lavoro sono stati 1208, nel 2023 1041, con una leggera flessione. Tra questi, 799 sono decessi avvenuti sul luogo di lavoro, 242 si sono verificati lungo il tragitto per raggiungere il luogo di lavoro.
Il 2024 si è aperto in modo tragico. Il 19 gennaio sono morti un operaio e un fabbro in una fabbrica nelle Marche. Il 16 febbraio una trave di 20 metri è crollata su 8 operai nel cantiere del supermercato Esselunga, a Firenze, con 5 morti. Poi l’incidente mortale nello stabilimento Stellantis di Pratola Serra (Avellino), la morte di un operaio in un cantiere edile di Olbia e il 26 febbraio la morte di un giovane operaio nel foggiano. I morti sul lavoro in Italia sono stati 149 dall’inizio dell’anno: un dato impietoso.
Ci si interroga sulle cause e si invoca maggiore rigore nell’applicazione dei sistemi di sicurezza all’interno delle aziende.
Giovanni Leonardo Damigella, industriale del marmo, ha una lunga esperienza nella gestione aziendale e nella gestione dei sistemi di sicurezza.
Quali sono, a suo parere, le cause e cosa si può fare per prevenire e limitare questo tragico bilancio?
“Gli incidenti e i decessi sul lavoro sono veramente troppi. Ogni morto, ogni singolo decesso, è una tragedia. Ma i dati da analizzare sono diversi. Si parla di 1208 sul lavoro nel 2023: in realtà i morti sul lavoro sono 799. Gli altri decessi si sono verificati lungo il tragitto per recarsi al lavoro e sono soprattutto incidenti stradali. Non sono dovuti a imperizia o a comportamenti scorretti sul lavoro. Dei morti sul lavoro si parla tanto – ed è giusto così – ma nessuno parla dei morti negli incidenti domestici. In Italia ci sono più di due milioni di incidenti domestici (con accessi al Pronto Soccorso) e più di 6000 tra questi sono mortali. Lo scorso anno sono stati circa 6500. Perché di questi non si parla? Se guardiamo questi dati, ci rendiamo conto che la maggiore emergenza sono gli incidenti domestici. Sono otto volte superiori agli incidenti sul lavoro. Su questi bisogna intervenire, oltre che sugli incidenti sul lavoro”.
Che cosa propone?
“Alcuni comportamenti domestici sono veramente a rischio. È necessaria un’adeguata formazione. Ma non una formazione teorica, sui libri. Si potrebbe avviare una campagna di informazione utilizzando uno dei canali inutilizzati della Rai. Dei filmati o delle simulazioni filmate potrebbero riprodurre i casi di maggiore rilievo: fare vedere cosa accade e le possibili cause aiuta ciascun cittadino ad assumere comportamenti corretti all’interno della propria abitazione. Non si può azionare un phon nella vasca da bagno, o salire su una scala se questa non è ben sostenuta. Potrebbero sembrare cose ovvie, in realtà casi come questi costituiscono la causa di molti incidenti
mortali. Su questo sarebbe necessario un investimento forte, una campagna informativa mirata. Le parole spesso servono a poco. Le immagini rimangono impresse. Se si vede un video, quelle immagini non saranno più dimenticate e ciascuno sarà attento a evitare comportamenti a rischio”.
E per ciò che riguarda i morti sul lavoro cosa si può fare?
“Anche qui bisogna intervenire: 799 morti sul lavoro sono veramente troppi. Ma ogni singolo decesso è troppo, è una tragedia immane. Bisogna investire sulla sicurezza. Partiamo dai dati: la maggior parte degli infortuni sul lavoro si verificano nell’edilizia o in agricoltura. Credo che il 90 per cento dei morti sul lavoro sia dovuto a distrazioni o comportamenti non corretti dei lavoratori. Il 10 per cento, invece, vede delle responsabilità dirette di chi gestisce gli impianti o è dovuto a tragica fatalità, in alcuni casi assolutamente non prevedibile. Negli ultimi anni sono aumentate le prescrizioni per le aziende, i corsi di formazione, anche le sanzioni. Eppure la curva mortale non è diminuita. Perché? Io credo che i corsi di formazione non bastano. In ogni azienda è importante la presenza di responsabili di cantiere ben formati e con tanta esperienza, che siano presenti sul luogo di lavoro e che guidino gli operai nei comportamenti adeguati. La posizione o le manovre da effettuare sono fondamentali perché, in caso di incidenti, non vi siano vittime. L’operaio deve avere sempre una posizione di sicurezza, che non comporti rischi. Il capocantiere deve vigilare su tutto questo e suggerire, anzi obbligare a dei comportamenti adeguati. Ho 60 anni di esperienza nella gestione aziendale e nelle mie aziende (con 160 dipendenti) non si sono mai verificati incidenti gravi: solo qualche infortuno molto lieve. Ho sempre cercato di investire al massimo sulla sicurezza. Io stesso sto nei cantieri per dare le giuste indicazioni”.
In copertina: Giovanni Leonardo Damigella