Lo scorso 24 novembre alle ore 17.00 si è tenuto presso lo spazio espositivo 2LAB di Catania la talk con Irene Angelino – artista – Enzo Gabriele Leanza – Curatore ed Editore presso Spectrum – Bookzine di Cultura Fotografica e Luciano Nigro – presidente di Lhive Catania, infettivologo, responsabile di un progetto sanitario in Zimbabwe. A seguire, è stata inaugurato il progetto fotografico di Irene Angelino, E lucevan le stelle che offre una profonda riflessione sulla sofferenza psichica nella società contemporanea e invita a una riconsiderazione della normalità, suggerendo che la diversità umana non dovrebbe essere temuta ma compresa e abbracciata.
«E lucevan le stelle – spiega la stessa artista Irene Angelino – è il racconto della vita in casa famiglia di persone con fragilità psichica. La ricerca delle immagini è stata animata dal desiderio di avvicinare alla sofferenza mentale quanti ne sono spaventati, mostrandone l’aspetto, i silenzi, gli spazi a volte vuoti, l’umanità del dolore, con un bene che superi la distanza. Il titolo è una dedica alla musica, quella di Puccini, un’aria di quel che si perde. Le foto sono state scattate tra gennaio e dicembre del 2021».
Attraverso le sue immagini, Irene Angelino restituisce dignità e umanità a coloro che affrontano la sofferenza mentale, sfidando la percezione comune e offrendo uno sguardo empatico. Ogni fotografia diventa un viaggio nell’intimità e nella complessità dell’essere umano, esplorando il tema della sofferenza come ponte verso la comprensione reciproca.
«Irene Angelino è riuscita – dichiara nel suo testo critico il Dr. Salvatore Sarno – con uno strumento che serve per “guardare”, a restituire un senso, un ponte tra il vedere ed il vivere in senso patico. Il suo sguardo ha saputo posarsi con delicatezza, profondità e connessione empatica. Questa è la connessione che dobbiamo perseguire, ossia quella che ci consente di essere vicini all’altro. I suoi occhi, hanno “visto” e ci consentono di andare lì dove ogni essere umano può trovarsi (per quanto questo spaventi i più). E quando nelle sue foto compare una scrittura incomprensibile da un punto di vista grammaticale, su carta da lettera, ci rimanda a tutto quello che significa per chi ha impugnato la penna e voleva dire, senza trovare il modo a noi conosciuto e condiviso. Quando inquadra degli occhiali spezzati, in ognuno di noi arriva un vissuto quotidiano familiare dalla portata emotiva incontenibile. Occhiali indossati, inutili, di un caro, occhiali con cui si può vedere il mondo. Ogni volto fotografato parla di noi. (…) Dagli scatti di Irene arriva con forza e delicatezza tutto quello che non deve spaventarci, non deve farci correre ai ripari lasciando fuori e lontano quel che si immagina diverso, impossibile che ci riguardi. Si coglie tutta l’umanità che ancora ci resta. Noi siamo questo, noi siamo anche questo, noi siamo tutto questo. La declinazione dell’uomo sofferente può portare a divergere dal mondo condiviso. La declinazione dell’essere umano ad accogliere, sostenere, comprendere, in pratica ad esserci per l’altro, consente all’uomo una possibilità di attraversamento della sua sofferenza e di sostenibilità di condivisione del mondo».