Nel giorno del 42° anniversario dell’eccidio mafioso di Cesare Terranova e Lenin Mancuso, l’”Associazione per onorare la memoria dei Caduti nella lotta contro la mafia” organizza sabato 25 settembre alle ore 18, presso il Chiostro di San Domenico a Palermo, un recital con brani di musica lirica e popolare. Si esibiranno il violinista Mario Renzi, il soprano Federica Neglia e il baritono Marco Leone accompagnati dal maestro Alessandro Valenza al pianoforte. Al termine, seguirà un’azione parlata su testo scritto da Lino Buscemi. La direzione artistica dell’evento è affidata al maestro Salvatore Di Grigoli. Sarà presente il regista Pasquale Scimeca.
Il 25 settembre 1979, poco dopo le 8:30, la Fiat 131 guidata da Cesare Terranova è affiancata da un’auto. Si abbassarono i finestrini e, all’improvviso, una pioggia di fuoco di proiettili esplosi da un fucile Winchester e da diverse pistole si abbattè su Terranova e Mancuso che
cercò di prendere la pistola ma, colpito per primo dai colpi della carabina, si buttò sul giudice Terranova per fargli da scudo venendo così colpito anche dai colpi di revolver destinati al giudice. Non ci fu scampo per Cesare Terranova e Lenin Mancuso che morirà poche ore dopo in ospedale.
Cesare Terranova era nato a Petralia Sottana, nella zona del Parco delle Madonie, nei pressi di Palermo, il 15 agosto 1921. Entrò in magistratura nel 1946, poco dopo la fine della seconda guerra mondiale. Prima esercitò come pretore a Messina e poi a Rometta. Nel 1958 si trasferì dal tribunale di Patti a quello di Palermo. Qui avviò i primi grandi processi di mafia contro Luciano Liggio e altri boss di Corleone. Dopo una sua esperienza parlamentare, Terranova decise di rientrare in magistratura e fu nominato Consigliere presso la Corte di Appello di Palermo.
Lenin Mancuso era nato a Rota Greca il 6 novembre 1922. Appartenente alle forze di polizia, era il maresciallo della Polizia assegnato alla tutela del giudice e del quale fu anche stretto collaboratore di Terranova e, nel 1971, durante il mandato di Terranova a procuratore di Marsala, partecipò alle indagini del “mostro di Marsala”, un caso di cronaca nera di triplice rapimento e omicidio di tre bambine. Collaborò inoltre con lui in tutte le inchieste riguardanti la mafia. Il suo ultimo atto di valore gli valse la medaglia d’oro, appuntata al petto della vedova Caterina Mancuso, con una cerimonia solenne, dall’allora presidente Sandro Pertini.