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In occasione delle celebrazioni della ricorrenza dell’eccidio di Schio, avvenuto nella notte tra il 6 e il 7 luglio del 1945 all’interno delle carceri della città, in cui persero la vita 54 vittime di cui 15 donne (Amadio Teresa; Arcaro Teresa; Baldi Irma; Bernardi Settima; Bernardi Quinta; Dal Collo Maria Teresa; Dal Dosso Anna; Dal Cucco Irma; Franchini Fernanda; Lovise Angela-Irma; Lovise Blandina; Magnabosco Lidia; Pancrazio Giovanna; Rinacchia Giselda; Stella Elisa) la gran parte delle quali erano totalmente estranee a ogni riferimento politico, per mano di alcuni partigiani della Divisione Garibaldi Ateo Garemi, il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani vuole condannare incondizionatamente la violenza gratuita e disumana, come l’art. 3 della DUDU, insegna, in quanto esecrabile e belluino sistema per risolvere contenziosi o peggio ancora per applicare la legge del taglione senza ricorrere alla giustizia vera o appellarsi alla “pietas”, di cui ogni essere umano dovrebbe essere dotato a prescindere dal colore della propria casacca.
La vicenda veramente tragica e vergognosa venne stigmatizzata anche dal generale americano Dunlop, governatore alleato nel Veneto, il quale amareggiato affermò “Sono qui venuto per una incresciosa missione, per un anno e mezzo ho lavorato per il bene dell’Italia, la mia opera e la mia amicizia sono state, io lo so, riconosciute e apprezzate, è mio dovere dirvi che mai prima d’ora il nome dell’Italia è caduto tanto in basso nella mia stima, non è libertà, non è civiltà che delle donne vengano allineate contro un muro e colpite al ventre con raffiche di armi automatiche e a bruciapelo. Io prometto severa e rapida giustizia verso i delinquenti, confido che il rimorso di questo turpe delitto li tormenterà in eterno e che in giorni migliori la città di Schio ricorderà con vergogna e orrore questa spaventosa notte e con ciò ho detto tutto”.
Oggi, malgrado i responsabili non abbiano pagato il loro debito per una strage così ingiustificabile quanto efferata, il 3 febbraio 2017 di fronte al vescovo di Vicenza, Beniamino Pizziol, Anna Vescovi, la figlia dell’allora commissario prefettizio e pluridecorato capitano della Divisione Ariete in Africa Giulio Vescovi e il suo carnefice, il partigiano Valentino Bortoloso hanno firmato un «atto di riconciliazione».
Il CNDDU auspicherebbe che un simile gesto così costruttivo venisse riproposto simbolicamente in futuro, in presenza o in DaD, davanti a una delegazione di studenti di ogni ordine e grado per far comprendere l’importanza della pace come conquista collettiva e origine di prosperità.