Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani vuole menzionare la strage nazista di Cavriglia, avvenuta il 4 luglio 1944 in provincia di Arezzo, in cui persero la vita 192 civili (93 morti a Meleto Valdarno, 73 a Castelnuovo dei Sabbioni, 4 a San Martino, 2 a Massa Sabbioni, 11 a Le Matole). Le dinamiche con cui si svolse il dramma furono atroci: gli uomini, divisi dalle donne, furono trucidati in massa nella piazza cittadina dai reparti tedeschi specializzati della Divisione Hermann Göring; a morire furono indistintamente giovanissimi e anziani. Vogliamo sottolineare il coraggio con cui i due parroci, insigniti della medaglia d’Argento al Valor Militare, il 7 luglio 1991, Don Ferrante Bagiardi, Don Giovanni Fondelli, si sono spesi fino all’ultimo cercando di salvare vite umane, purtroppo non riuscendovi e perdendo anche la propria.
L’evento storico drammatico di oggi, così come altri verificatisi durante la Seconda Guerra Mondiale, deve diventare patrimonio “memoriale” collettivo non solo come mera trasmissione di fatti, misfatti, eroismi e crudeltà connesse agli eventi bellici, ma come magma vitale di riflessioni e ridefinizione critica dei rapporti tra gli esseri umani. Le proposte didattiche che possiamo avanzare sono molteplici e pluridisciplinari, adatte anche per sviluppare percorsi tematici “olistici”, il cui obiettivo finale, sia la consapevolezza del valore intrinseco di ogni vita umana. Soprattutto in sede di esame di Stato, per la scuola secondaria di I e II grado, le interrelazioni tra le varie discipline, unite da una tematica comune di contenuto umanitario, possono costituire il fulcro della prova orale: traendo spunto da un episodio storico, come quello di oggi, diventa immediato collegare riferimenti storici, letterari, filosofici, artistici e giuridici. Ancora è possibile partire dell’esperienza del “particolare” per attingere all’ “universale”, per cui si potrebbe far riferimento, nel nostro caso, al documentario realizzato nel 2007 da Filippo Boni e Nedo Baglioni, intitolato “La Comunità colpita” (https://www.facebook.com/ComunediCavriglia/videos/677227729143159/?v=677227729143159), in cui sono presenti le testimonianze di due ex bambini della seconda Guerra mondiale (Emilio Polverini e Paolino Camici), i quali raccontano il proprio stato d’animo. Stato d’animo comune a tutti coloro che siano stati segnati dal marchio del conflitto bellico esteso a inermi civili. Stato d’animo che i nostri poeti e narratori hanno perfettamente esternato con i loro versi e le loro pagine; stato d’animo di chi era la vittima e di chi, da carnefice, si sentiva in perfetta pace con la propria coscienza, come spiega Hannah Arent “Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso.”
Infatti chi ha commesso crimini orrendi in molti casi si sentiva appunto innocente o addirittura legittimato: la propaganda, il lavaggio del cervello, l’ignoranza, ma soprattutto la mancanza di un’autentica formazione al rispetto dell’altro ha generato mostri inconsapevoli. Come afferma Elio Vittorini “Potremo mai avere una cultura che sappia proteggere l’uomo dalle sofferenze invece di limitarsi a consolarlo? Una cultura, che le impedisca, che le scongiuri, che aiuti ad eliminare lo sfruttamento e la schiavitù, e a vincere il bisogno, questa è la cultura in cui occorre che si trasformi tutta la vecchia cultura”.
La “cultura” nuova, agognata probabilmente da Ungaretti, intessuta di visione, speranza, libertà, che nel suo immaginifico senso poetico associava alla luce e per la quale molti erano caduti: “Qui / vivono per sempre / gli occhi che furono chiusi alla luce / perché tutti / li avessero aperti / per sempre
alla luce (Giuseppe Ungaretti, Per i morti della Resistenza)
Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani vuole menzionare la strage nazista di Cavriglia, avvenuta il 4 luglio 1944 in provincia di Arezzo, in cui persero la vita 192 civili (93 morti a Meleto Valdarno, 73 a Castelnuovo dei Sabbioni, 4 a San Martino, 2 a Massa Sabbioni, 11 a Le Matole). Le dinamiche con cui si svolse il dramma furono atroci: gli uomini, divisi dalle donne, furono trucidati in massa nella piazza cittadina dai reparti tedeschi specializzati della Divisione Hermann Göring; a morire furono indistintamente giovanissimi e anziani. Vogliamo sottolineare il coraggio con cui i due parroci, insigniti della medaglia d’Argento al Valor Militare, il 7 luglio 1991, Don Ferrante Bagiardi, Don Giovanni Fondelli, si sono spesi fino all’ultimo cercando di salvare vite umane, purtroppo non riuscendovi e perdendo anche la propria.
L’evento storico drammatico di oggi, così come altri verificatisi durante la Seconda Guerra Mondiale, deve diventare patrimonio “memoriale” collettivo non solo come mera trasmissione di fatti, misfatti, eroismi e crudeltà connesse agli eventi bellici, ma come magma vitale di riflessioni e ridefinizione critica dei rapporti tra gli esseri umani. Le proposte didattiche che possiamo avanzare sono molteplici e pluridisciplinari, adatte anche per sviluppare percorsi tematici “olistici”, il cui obiettivo finale, sia la consapevolezza del valore intrinseco di ogni vita umana. Soprattutto in sede di esame di Stato, per la scuola secondaria di I e II grado, le interrelazioni tra le varie discipline, unite da una tematica comune di contenuto umanitario, possono costituire il fulcro della prova orale: traendo spunto da un episodio storico, come quello di oggi, diventa immediato collegare riferimenti storici, letterari, filosofici, artistici e giuridici. Ancora è possibile partire dell’esperienza del “particolare” per attingere all’ “universale”, per cui si potrebbe far riferimento, nel nostro caso, al documentario realizzato nel 2007 da Filippo Boni e Nedo Baglioni, intitolato “La Comunità colpita” (https://www.facebook.com/ComunediCavriglia/videos/677227729143159/?v=677227729143159), in cui sono presenti le testimonianze di due ex bambini della seconda Guerra mondiale (Emilio Polverini e Paolino Camici), i quali raccontano il proprio stato d’animo. Stato d’animo comune a tutti coloro che siano stati segnati dal marchio del conflitto bellico esteso a inermi civili. Stato d’animo che i nostri poeti e narratori hanno perfettamente esternato con i loro versi e le loro pagine; stato d’animo di chi era la vittima e di chi, da carnefice, si sentiva in perfetta pace con la propria coscienza, come spiega Hannah Arent “Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso.”
Infatti chi ha commesso crimini orrendi in molti casi si sentiva appunto innocente o addirittura legittimato: la propaganda, il lavaggio del cervello, l’ignoranza, ma soprattutto la mancanza di un’autentica formazione al rispetto dell’altro ha generato mostri inconsapevoli. Come afferma Elio Vittorini “Potremo mai avere una cultura che sappia proteggere l’uomo dalle sofferenze invece di limitarsi a consolarlo? Una cultura, che le impedisca, che le scongiuri, che aiuti ad eliminare lo sfruttamento e la schiavitù, e a vincere il bisogno, questa è la cultura in cui occorre che si trasformi tutta la vecchia cultura”.
La “cultura” nuova, agognata probabilmente da Ungaretti, intessuta di visione, speranza, libertà, che nel suo immaginifico senso poetico associava alla luce e per la quale molti erano caduti: “Qui / vivono per sempre / gli occhi che furono chiusi alla luce / perché tutti / li avessero aperti / per sempre
alla luce (Giuseppe Ungaretti, Per i morti della Resistenza)