A Palermo, per la mattina dell’8 luglio 1960, era stata convocata una giornata di sciopero generale contro il “Governo Tambroni”. Il lungo corteo viene scortato dalla polizia sino al teatro Politeama
Il 1960 era stato un anno di fuoco. Sia dal punto di vista politico, sia dal punto di vista sociale. LA mano pesante del “Governo Tambroni” era calata sulle piazze italiane. Il 30 giugno 1960 a Genova erano avvenuti diversi scontri e i manifestanti erano riusciti a respingere la Celere. Qualche giorno dopo, il 5 luglio, a Licata, in provincia di Agrigento,ci fu una manifestazione di braccianti e operai. Negli scontri la PS uccide Vincenzo Napoli e ferisce quattro persone. Poi, il 7 luglio 1960, a Reggio Emilia, rimangono morti sull’asfalto di piazza Cavour Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri e Afro Tondelli, oltre a sedici feriti. A Palermo, per la mattina dell’8 luglio 1960, era stata convocata una giornata di sciopero generale contro il “Governo Tambroni”. Il lungo corteo viene scortato dalla polizia sino al teatro Politeama. La piazza prospicente si riempì di migliaia di persone che arrivavano da tutta la Sicilia. Tra loro giovani delle povere borgate palermitane, operai, netturbini, edili, metalmeccanici e cittadini comuni. Pio La Torre, dal palco, inizia la manifestazione con il suo intervento. Durerà circa dieci minuti. Attore a loro c’erano ingenti schieramenti di polizia, poi, all’improvviso, le cariche. La Celere assalta il corteo, caricandolo con le camionette, lanciate ad alta velocità. Immediata è la risposta dei manifestanti e vengono lanciati sassi, bastoni e tutto quello che si trova in giro. La zona che va da piazza Principe di Castelnuovo a piazza Verdi, si trasforma in un campo di battaglia. La polizia inizia a sparare sulla folla. Sparano sulla folla ad altezza uomo.
Dopo il loro passaggio, si contano i morti. Si tratta di tre manifestanti, Giuseppe Malleo di 16 anni, Andrea Cangitano di 14 anni e Francesco Vella operaio di 42 anni colpiti chi da moschetto chi da mitraglietta. Muore anche Rosa, centrata da un colpo di moschetto mentre era alla finestra di casa sua, in via Maqueda e stava chiudendo le persiane. Rosa La Barbera aveva 53 anni e il suo corpo cadde, sbattendo sul palazzo diverse volte, sulla strada. Rimasero ferite altre trentasei persone. Quel giorno la polizia effettuò 270 fermi ed eseguì 71 arresti. Agli eventi dell’8 luglio del 1960 seguirono tre diversi procedimenti processuali. Il più significativo, quello che ebbe inizio a Palermo il 16 ottobre 1960, durò appena dodici giorni di dibattimento e tutti i 53 imputati vennero condannati a pene tra i sei e gli otto mesi. I celerini colpevoli delle morti, dei danneggiamenti e ferimenti di quell’8 luglio 1960 non vennero mai incriminati e non furono nemmeno chiamati a deporre, come informati dei fatti, come testimoni dell’accusa. Nello stesso giorno, A Catania, la Celere uccide Salvatore Novembre. Colpito a morte dalle loro armi, viene lasciato a morire dissanguato sul bordo di un marciapiede di via Etnea.
Nel luglio 1960, in Sicilia, caddero sotto il fuoco dei reparti ‘Celere’ del “Governo Tambroni” Vincenzo Napoli, Salvatore Novembre, Giuseppe Malleo, Andrea Cangitano, Francesco Vella e Rosa La Barbera.
Roberto Greco per referencepost.it