Lepre, Cartoni, Morlini, Crisciuoli. Oltre a Spina, indagato, sono cinque i magistrati che si sono autosospesi. “Il Csm è e deve essere la nostra sola casacca”
Oggi è stata la giornata nera del Consiglio superiore della Magistratura. Oltre a Antonio Lepre e Corrado Cartoni, sospesisi ieri, poco prima dell’intervento introduttivo di David Ermini, arrivano anche le autospensioni da parte di Gianlugi Morlini e Paolo Criscuoli. A loro si aggiungono quelle di Luigi Spina, che è però indagato per favoreggiamento e violazione di segreto. Passi indietro che non riusciranno comunque a paralizzare l’attività del Csm. Secondo la legge che l’ha istituito, per funzionare il Csm ha bisogno di dieci consiglieri magistrati e cinque laici. Quindi, nonostante le fuoriuscite, i numeri ci sono.
David Ermini, il vicepresidente del Csm riferendosi all’inchiesta della procura di Perugia, ha usato parole pesanti per introdurre il plenum di Palazzo dei Marescialli: “Gli eventi di questi giorni sono una ferita profonda e dolorosa alla magistratura e al Consiglio superiore. L’associazionismo giudiziario è stato un potente fattore di cambiamento e di democratizzazione della magistratura. E ancora oggi svolge un ruolo prezioso. Ma consentitemi di dire che nulla di tutto ciò vedo nelle degenerazioni correntizie, nei giochi di potere e nei traffici venali di cui purtroppo evidente traccia è nelle cronache di questi giorni. E dico che nulla di tutto ciò dovrà in futuro macchiare l’operato del Csm. Siamo di fronte a un passaggio delicato: o sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti”. Inoltre, Ermini ha sostenuto con forza: “Il Csm è e deve essere la nostra sola casacca. Altre non ne abbiamo. Questa consapevolezza implica innanzitutto che l’attività di ogni componente venga svolto tenendo conto dell’autorevole consiglio e dell’esempio animatore che provengono dal capo dello Stato, il quale non ha mai fatto mancare la sua guida illuminata attraverso la continua interlocuzione con il vicepresidente”. Dalle parole di Ermini risulta che è da escludere qualsivoglia ipotesi di scioglimento del consiglio e, in maniera un po’ azzardata afferma “il Csm e la magistratura hanno al loro interno gli anticorpi necessari per poter riaffermare la propria legittimazione agli occhi di quei cittadini nel cui nome sono pronunciate le sentenze”.
Al termine del plenum, viene approvato il documento finale. “È una vicenda che ci chiama in causa tutti e che impone a tutti un serio, profondo, radicale percorso di revisione critica e autocritica, di riforma e autoriforma dell’autogoverno, dei metodi di selezione delle rappresentanze, dell’etica della funzione. La delicatezza della situazione impone di eliminare ogni ombra sull’istituzione di cui siamo componenti, che deve essere e apparire assolutamente indipendente”. “Non possiamo accettare comportamenti, non importa se penalmente irrilevanti, che gettino discredito sull’Istituzione in cui si incarna la magistratura italiana”; riponiamo “rispetto e fiducia nell’operato dell’autorità giudiziaria che sta procedendo” e “auspichiamo che gli accertamenti in corso si concludano con la massima celerità”. “Sin da ora vogliamo sottolineare che quanto è emerso è indicativo di comportamenti da cui intendiamo con nettezza prendere le distanze”, sottolinea il testo del documento. “Non ci riconosciamo in condotte che cercano consensi”, continuano ancora i consiglieri, che si definiscono “sgomenti e amareggiati” per fatti che “gettano discredito sulla magistratura“ e ritengono quanto accaduto come il tragico epilogo di un processo di degenerazione della rappresentanza della magistratura. Il documento è stato approvato dal plenum del Csm all’unanimità e proposto da tutti i togati e i laici (esclusi i consiglieri autosospesi).
(Ro.G.)