Venerdì 26 aprile, alle 19:30 sul piano della Cattedrale di Palermo, nell’ambito de “La via dei Librai 2019”, verrà presentato “Una vita per gli altri – biografia di padre Pino Puglisi” di Rosaria Cascio
di Rosaria Cascio
Niente, meglio di questa sigla riesce a riassumere, brevemente il nostro caro sacerdote. Niente, proprio perché questa sigla se l’è inventata lui stesso, quando ha iniziato a firmarsi in questo modo in tutti i libri che donava, nei biglietti di auguri, nelle preghiere che regalava ad ognuno di noi alla fine di un campo spirituale vissuto insieme. Intensamente.
In quella sigla c’è il suo essere giovane, capace di parlare la lingua dei giovani che, a volte, è fatta anche di slogan e di soprannomi.
Tanto ha voluto essere un nostro compagno di strada, che si è inventato questo nomignolo con il quale ancora oggi, confidenzialmente, parliamo a lui e di lui. Anche le sue orecchie vengono oggi usate per parlare di lui, per raccontare a tutti la sua capacità di ascolto simboleggiata, ridicolmente, dalle sue orecchie a sventola delle quali lui stesso diceva :”E’ per ascoltarti meglio…”.
Tutto, in lui, era a servizio degli altri. Anche il suo nome. Anche le sue orecchie. Ma, più di ogni cosa, era la sua esistenza a servizio di ognuno e di tutti, senza distinzione di fasce d’età, di conto in banca, di ultimo voto dato alle elezioni. E la sua grandezza, uno degli aspetti della sua grandezza, è stata la capacità di lasciare un ricordo di sé ad ognuno che si è imbattuto in lui lungo la strada della sua esistenza.
E’ stato capace di parlare ai ricchi di condivisione ed ai poveri di diritti; ai bambini di gioco ed agli adulti di impegno per i bambini ed i deboli della società; ai mafiosi di conversione ed agli sconfitti di tenacia per una vita migliore possibile. E tutto questo non da laico, non da eroe, non da uomo, ma da figlio di Dio. E da sacerdote.
Prima che sacerdote Padre Puglisi era sentitamente un figlio di Dio e di tutti era fratello. Condivideva le condizioni di ogni essere umano che incontrava e viveva la sua figliolanza con il Padre in una vita di servizio ai fratelli ed alle sorelle. E in questa dimensione, esercitava nella vita il suo sacerdozio.
Non era un eroe. Era soltanto un prete. Era soltanto un uomo che attraverso il ministero sacerdotale si impegnava per costruire il regno di Dio su questa terra. Nel suo essere confessore vedevi la trasformazione del suo corpo quando caricava su di sé la tua confessione e la donava con te a Dio perché ti venissero rimessi i tuoi peccati. E gioiva con te nel recitare un Padre Nostro di ringraziamento a Dio Padre.
Nel suo presiedere l’Eucarestia c’era tutto il senso del Concilio in cui ad ogni cristiano è riconosciuta una vocazione specifica da abbracciare al pari dei consacrati. Il laico, durante la S. Messa, concelebrava davvero con lui.
Nel suo essere parroco, a Godrano prima che a Brancaccio e qui per soli tre anni del suo servizio alla Chiesa, c’era tutta la preparazione di un uomo amante della psicologia, della sociologia, della teologia ma umilmente capace di essere in ascolto dei bisogni del suo territorio; sapeva leggerli e si affidava alla competenza delle assistenti sociali e di Agostina Aiello per avere dati e professionalità; sapeva organizzare le risorse e sosteneva la formazione dei volontari del “suo” Centro “Padre Nostro”; sapeva parlare ai bambini ma cercava la dolcezza delle suore venute da Siena per aiutarlo.
Sapeva essere un uomo, da sacerdote di Cristo.
Di Lui, di Cristo, è stato testimone fedele sin da sempre e, come Lui, ha abbracciato “sorella morte” che nel suo percorso di impegno per la “resurrezione” di un quartiere ha incrociato lungo la sua strada.
Martire per amore. Santo per noi. Per Cristo. Con Cristo. In Cristo. L’eredità di Don Puglisi qualcuno l’ha raccolta? Qualcuno saprebbe oggi dire qual è il suo carisma, la forza dirompente del suo metodo pastorale e sociale, il suo modello sacerdotale per la nostra Chiesa? E dove sono tutti i suoi amici che tanta parte hanno avuto nella sua vita, aiutandolo nel CDV, tra i giovani, a Brancaccio, a Godrano, al Seminario di Palermo ? Che gloria la nostra Chiesa ha saputo rendere al suo martirio, che eredità i suoi collaboratori hanno raccolto e portato avanti dopo e nonostante la sua uccisione da parte della mafia vigliacca? Sono convinta che siano tantissimi gli eredi di 3P, quelli che sanno tradurre, in modo istintivo ed ormai automatico, l’insegnamento da lui ricevuto nel corso della loro vita. Molti di loro lavorano silenziosamente nelle scuole, negli ospedali, nei cantieri, nelle chiese; sono insegnanti, medici, operai, impiegati, preti, assistenti sociali. Madri e padri. Suore. Volontari e animatori sociali e parrocchiali. Vivono, giorno per giorno, il loro essere cristiani impegnati a costruire la storia del Vangelo tra gli uomini con lo stesso impegno e la stessa determinazione di 3P. Uomini che sbagliano ma che, ogni volta, si rialzano e continuano pensando all’insegnamento ricevuto dal loro maestro di vita : Padre Puglisi. Dal loro amico, dal loro consigliere. Loro, silenziosamente, portano avanti l’eredità umana e spirituale di 3P. Sono tantissimi e vivono in diverse parti d’Italia. E poi ci sono quelli che con 3P hanno lavorato fianco a fianco al Centro Diocesano Vocazioni, a quello Regionale e Nazionale, a Godrano, al Vittorio Emanuele II, al Seminario di Palermo, alla casa di accoglienza per ragazze madri, a Brancaccio. Anche loro, tra mille difficoltà, sono tenacemente impegnati nel loro quotidiano a lavorare con e per i giovani, con e per chi vive nel disagio. Il metodo pastorale e sociale di P. Puglisi prevedeva, prima di tutto, un Progetto di intervento volontario e gratuito. C’erano le assistenti sociali ed i volontari che giravano per le case della povera gente per condividerne le sofferenze. Il Centro Padre Nostro era nato per volere di 3P come braccio caritativo della Parrocchia, impegnata nell’azione di catechesi e liturgica. Questa era il Centro. La carità, l’agape, l’amore evangelico per il prossimo ne erano il fondamento. E non doveva essere una carità assistenziale, ma attrezzata, autoprogettuale; una carità che educava i poveri alla presa di coscienza dei propri diritti, che li spingeva a pescare il pesce, e non a riceverlo ogni giorni. I progetti elaborati dalle assistenti sociali volontarie terminavano, sempre, con questa frase :”il presente progetto, in disaccordo alla prassi, non prevede la voce Previsione costi”. Ogni incontro di lavoro iniziava e si concludeva con una preghiera, segno che ciò che si stava per fare era anch’esso preghiera concreta. Il 4 ottobre 1991 3P indirizzava ai suoi “Cari amici” una lettera con la quale chiedeva la solidarietà per edificare il Centro Padre Nostro. Così scriveva: ”Vorrei rendervi partecipi dei miei progetti e coinvolgervi nella loro attuazione. Vi chiedo scusa per la mia indiscrezione…”. Quanta umiltà e dolcezza nelle sue parole! Quanta forza e determinazione nella sua richiesta. La sua gente, la povera gente, 3P la amava fortemente, cristianamente, silenziosamente. Senza esclusioni. Amava anche quei mafiosi che in lui hanno odiato l’amore evangelico. Uccidendolo, ne hanno ignorato l’assunto fondante del cristianesimo: la vita è valida se donata. E quella di Puglisi è stata ed è una vita per gli altri.
Rosaria Cascio per referencepost.it