Siamo nello studio artistico del pittore palermitano Filippo Lo Iacono, artista particolarmente presente nel panorama artistico italiano. Le sue opere sono costantemente richieste dagli organizzatori delle più importanti mostre nazionali.
E’ recente la sua partecipazione alla Biennale di Venezia, alla Fiera di Parma, alla Triennale d’arte e poi, in ambito regionale, a Taormina, a Cefalù, a Siracusa e a Messina.
Con le sue tele, dai colori accesi e decisi ma dotati di cangianti cromie, Filippo Lo Iacono ha vinto molti premi ed ha ricevuto svariate targhe, coppe e prestigiosi riconoscimenti.
Carlo Guidotti: Ciao Filippo, grazie per quest’intervista concessa a Referencepost. Ho avuto modo di seguire il tuo percorso artistico degli ultimi anni. Da quando ti occupi di pittura? C’è una vena artistica che si è tramandata in famiglia?
Filippo Lo Iacono: Sì, c’è una grande tradizione familiare legata al mondo dell’arte ed in particolare quello dell’antiquariato, degli arredi e dei quadri d’autore.
C.G.: Nella tua casa-studio vedo tante tue produzioni, all’interno di esse è facilmente riconoscibile il tuo inconfondibile tocco ma in ognuna di esse c’è sempre qualcosa in più e di particolarmente caratterizzante. Negli anni hai mai sentito la spinta interiore di cambiare stile espressivo?
F.L.I.: In effetti c’è quel desiderio di sentire dentro di sé una voglia di scoprirsi e di riscoprirsi. Questa è certamente una ricerca piena, una ricerca essenzialmente del bello in quanto la bellezza è sempre contemplata nelle mie tele. Ma la bellezza si declina in due aspetti, quella interna e quella più esteriore; è secondo me necessario credere ed esprimere sempre questo particolare abbinamento.
C.G.: La bellezza diventa quindi un tutt’uno con la propria anima?
F.L.I.: E’ proprio questa la più intima essenza della ricerca ossia la sintesi di quello che sono le mie passioni e di ciò che vedo e che osservo. Questo mi porta a descrivere anche la natura ma prevalentemente mediante i simboli. Questa è una metamorfosi, un profondo cambiamento che credo sia in atto; rimango pur sempre un figurativo ma a volte si percepisce una lieve alterazione nelle espressioni. Forse è meno presente il dettaglio ed è più presente il concetto, una metafora, una forte allegoria attraverso i simboli della nostra storia e della nostra cultura.
Attraverso la sintesi c’è il tentativo di raccontare in maniera più simbolica, allontanandoci un po’ da quella realtà descrittiva tipica del realismo.
C.G.: Quindi una crescita espressiva mediante stili diversi che però coesistono?
F.L.I.: Sì, del resto nella mia formazione c’è sia il realismo che l’impressionismo e a volte anche tracce di espressionismo. C’è una traccia presente ovunque, più o meno latente.
C.G.: Un esempio di questa tua interpretazione?
F.L.I.: Tipica è l’immagine del cavallo bianco in una visione notturna con lo sfondo della Cattedrale di Palermo; il cavallo va in contrasto con tutte le problematiche e le sofferenze di una società moderna e di una città contraddittoria come Palermo ma che è ricca di storia e di cultura. Ci tengo molto ad evidenziare tutti questi aspetti nel tentativo di creare armonia; è questo il messaggio che voglio che passi, un’armonia che sia propositiva per le generazioni future. Attraverso le nostre origini, la nostra storia e la nostra cultura viene evidenziato e presentato il patrimonio inestimabile che ci circonda e di cui spesso siamo inconsapevoli.
Il punto è proprio questo, dobbiamo far emergere tutto ciò che di positivo e di bello c’è nella nostra città; è questo il significato del cavallo bianco, simbolo di purezza ma di forza al tempo stesso che deve energicamente superare le difficoltà simboleggiate dal buio delle tenebre, nonostante le insidie simboleggiate da una piccola nota rossastra.
C.G.: E’ quindi un’opera recente?
F.L.I.: L’opera è del 2017, il titolo è “La rinascita” ed è stata esposta la prima volta durante la recente Festa dell’onestà del 3 settembre,
C.G.: Hai qualche altra opera che vorresti citare che propone la città di Palermo secondo questa immagine?
F.L.I.: Un’opera presente alla Biennale di Venezia, “Panormus città tutto porto”, nella quale vi è una visione immaginaria della nostra città dove la facciata del Teatro Massimo sfiora il mare. Questo è un modo di immaginare Palermo, capitale della cultura 2018, che ospita grandi avvenimenti d’arte; in questo quadro volevo qualcosa in più per Palermo rifacendomi anche al nome Panormus che significa appunto “tutto porto”. E’ una città dell’accoglienza, un’accoglienza a 360°, un’accoglienza alla cultura ed alle vecchie dominazioni di cui oggi possiamo e dobbiamo raccoglierne i frutti, che abbiamo il dovere di apprezzare, studiare e mettere a disposizione della comunità. Nello specifico questa è stata un’opera molto gradita dal pubblico di Venezia.
C.G.: E questo è il compito specifico degli artisti secondo me.
F.L.I.: Se pure in sintesi cerco di raccontare Palermo e la bellezza, trasferendo il mio amore per esse. L’amore è il messaggio che deve entrare nel cuore di chi osserva le mie tele.
C.G: Quali sono i tuoi soggetti preferiti?
F.L.I.: La donna, simbolo universale di bellezza, Palermo e i paesaggi siciliani. Un esempio ne è l’opera “La bellezza: presente passato e futuro”, esposta a Palazzo Alliata di Villafranca nell’ambito della mia personale “Azzurri viventi”. In questa tela le bellezze naturalistiche, con tutto quello che c’è intorno, sono espresse con queste cromie che rispecchiano la nostra personalità che si specchia in una bellezza estetica, paesaggistica e spirituale; bellezze che si esprimono con un cangiante naturale di colori sotto una luce speciale che è la stessa che ci illumina durante la vita.
C.G.: Come definiresti Palermo?
F.L.I.: Io sto scoprendo una nuova Palermo. Sto vedendo e sto vivendo una nuova Palermo, che conoscevo solo in parte; un esempio sono le essenze la nostra città contenute nei nostri mercati storici quali Ballarò, Vucciria e Capo. A Ballarò c’è tanto degrado ma c’è per esempio la cupola di Santa Maria del Carmelo che è la cupola più grande. Ecco il contrasto, ecco l’amaro che si sposa con il dolce, ecco il bene che va al passo con la sofferenza. C’è una contraddizione fortissima a Palermo ma queste cose vanno comunicate e vanno amate.
C.G.: Tu percepisci che c’è una certa crescita nella sensibilità del cittadino? Anche sui social, ad esempio, vi sono numerosi gruppi molto attivi nell’esplorare la storia e i dettagli sconosciuti della nostra città. E’ vero o è soltanto un appannaggio di pochi?
F.L.I.: Sicuramente un cambiamento in atto c’è. Un cambiamento in meglio, ma non basta. Siamo noi stessi palermitani ad avere ancora dei pregiudizi; qualcuno ancora si rifiuta di capire cosa ci sia dentro Ballarò o la Vucciria e cosa vi sia dentro questo intreccio tra folklore, costume, storia e cultura lunga millenni.
Io credo che, al di là degli interessi della politica, buona o cattiva che sia, l’arte e gli artisti abbiano il dovere di intervenire e di evidenziare alcuni aspetti di questa meravigliosa città; nel mio piccolo, con la pittura, cerco di portare avanti questo pensiero per Palermo e per il resto della Sicilia. Dobbiamo parlare sempre di bellezza, ricercandola e divulgandola all’esterno.
C.G.: Tra le tante altre produzioni cosa possiamo citare?
F.L.I.: Sicuramente “Evolution” del 2017 presentata con Vittorio Sgarbi a Monreale e “Danzando libera l’anima”. In quest’ultima si evidenzia la sofferenza dell’uomo nei confronti del nostro pianeta nel quale tutti gli equilibri sono alterati e dove l’uomo stesso ne ha la responsabilità; questo peso morale si trasforma in peso fisico deturpando il suo stesso corpo in cui le gambe diventano rocciose e sgraziate. Anche qui il contrasto con il cielo tenebroso c’è ma è presente sempre quel simbolo di speranza che viene fuori predominante. Noi stessi siamo responsabili e quindi noi stessi possiamo migliorare le nostre condizioni.
C.G.: Hai vinto una moltitudine di riconoscimenti fra cui il Premio Ortigia, Premio Iside, Premio Sulla scia di Caravaggio, Una tela per Amatrice e Premio Sicilia Letteraria. Prima di salutarci puoi indicarci quali sono i premi a cui sei più legato?
F.L.I.: Penso subito ad esempio al riconoscimento come “Artista dell’anno 2015” consegnatomi con una lettera di accompagnamento del sindaco Leoluca Orlando invitato dalla Commissione scientifica che ha deciso di premiarmi. E poi sicuramente mi sta particolarmente a cuore il riconoscimento della città di Verona consegnato dal sindaco Tosi; è stato un atto spontaneo, esterno ai circuiti tradizionali d’arte, inaspettato, vero.
Non c’era nulla di organizzato o di programmato, è nato tutto spontaneamente in maniera molto vera e sentita dalla città di Verona così come poi accadde anche a Firenze, a Bologna o a Padova.
C.G.: Come possiamo conoscere meglio Lo Iacono artista?
Filippo Lo Iacono: Sono presente in tantissimi cataloghi d’arte contemporanea e nelle monografie delle mostre alle quali ho partecipato.
Carlo Guidotti: Ringrazio Filippo Lo Iacono per quest’intervista che si è conclusa con una visita nel suo “laboratorio” artistico, un luogo ricco di tele, di incipit artistici, colori, profumi e sensazioni che restituiscono il senso vero della passione per l’arte.
Carlo Guidotti per ReferencePOST (articolo e foto)